venerdì 29 gennaio 2010
La Preghiera del Padre Nostro.
sabato 16 gennaio 2010
La Presenza di Maria nella mia vita "Sintesi"
Cenacolo Mariano
La “ Presenza di Maria nella mia anima”
Nota introduttiva di fr. Luciano
Oggi vogliamo parlare con l’aiuto di alcune “Testimonianze” come percepire la Sua presenz
a nella nostra anima, liberata da ogni forma di schiavitù del nostro vivere per noi stessi e per una vuota gratificazione del nostro fare.
Iniziamo a dire, sempre in linee generali, che e difficile spiegare con concetti accessibili di
re cosa prova veramente un’anima che vive Maria in se.
Maria non è soltanto la Madre mistica, che mi rigenera in Cristo facendo di me un membro del corpo mistico di Gesù, ma si sperimenta un qualcosa di molto più profondo e intimo in quelle anime che vivono lo Spirito di Maria e della sua presenza, non è un semplice devozionalismo o esibizionismo, ma è un vero e proprio incarnarsi e nutrirsi di Lei sotto i pie
di del Maestro, non dimentichiamo che e stata la prima discepola a seguirlo nell’umiltà e nascondimento.
Non si tratta certo di una presenza materiale e corporale di Maria, quale era possibile durante la sua vita. Ma l’esperienza mariana di cui parlano le fonti, è tutta spirituale. Presenza quindi spirituale. Prima di tutto c’è l’opera della grazia. Per stare nello stato di grazia occorre la docilità di ascolto, apertura di cuore, disponibilità ad accogliere la Parola.
Per concludere questa piccola introduzione diamo la parola ha un gran mariologo nostro confratello P. Ragazzini, che spiega: <
La Madonna, prima di agire in me, quindi di essermi presente come Corredentrice, Mediatrice, come Dispensatrice di grazie, diventa mia mamma e a suo modo, spiega P. Severino, è presente in me come mia mamma. Come mia mamma, mia ha dato la vita, la vita sopranaturale, la quale che mi è comunicata anche dalla sua pienezza di Madre :<
Concludiamo dicendo che e significativa la constatazione che più un’anima cresce in grazia, più si sente intima la presenza di Maria come sua Madre. Qui ci possiamo domandarci: Fino a che punto la Madonna è legata alla vita della grazia nella mia anima
sabato 9 gennaio 2010
Non c'è amore più grande che.....
Meditazione sulla lavanda dei piedi
Non c’è brano più bello e significativo di questo.
In questo brano si rivela chi è Gesù, ed il suo amore per noi.
Nella lavanda dei piedi a confronto degli altri evangelisti, l’evangelista Giovanni presenta l’istituzione dell’Eucarestia, a differenza dell’ultima cena, che in Giovanni non viene rappresentata, non c’è nel vangelo, ma e descritta nella lavanda dei piedi, non c’è la benedizione del pane e del vino, non ci dobbiamo dimenticare che l’Eucarestia e servizio, ringraziamento, dono per gli altri, e non poteva essere descritta meglio della lavanda dei piedi, e un andare incontro altro, farsi prossimo spontaneamente, l’Eucarestia viene narrata nella lavanda attraverso il servizio, il boccone a Giuda, che poi lì lava anche i piedi, con il perdono, perché Dio ama fino in fondo, fino alla fine con amore gratuito.
La lavanda dei piedi è il piegarsi sull’uomo del Signore, qui c’è la vera glorificazione del figlio e del Padre, la lavanda dei piedi non è una umiliazione o abbassamento o un mettersi sotto i piedi degli uomini, ma è un servire regale, questo è il vero scopo di Gesù, servire gli uomini, è l’umiltà di Dio che si fa servizio, che proviene dall’infinito amore verso gli uomini; qui Gesù si presenta e lo conferma di essere lui il Signore e Maestro, ma si presenta sotto la presenza di servitore; (La lavanda dei piedi nell’Antico testamento, in Israele non era un segno di disprezzo era si riservato al servo, ma era un segno di accoglienza, di rispetto, di cura, i piedi servono per camminare, seguire la via, poi si ci lavava i piedi perché erano pieni di polvere, non c’erano le scarpe, al massimo una specie di sandali), è importante capire che la lavanda dei piedi come l’ istituzione dell’Eucarestia, si intravede la glorificazione del Signore, non soltanto nei miracoli e nei prodigi che ha compiuto durante la sua vita, ma la sua più alta glorificazione è proprio la croce, e sulla croce che Gesù ha glorificato il Padre, l’apice della glorificazione e quella essere crocifisso, la vera natura di Gesù e il servire l’uomo, quanto ci viene chiesto di testimoniare la vita in Cristo troviamo sempre una scappatoia, siamo tutti come Pietro, “io ti seguirò fino in fondo”, ma al momento della prova cosa dice “io non conosco quell’uomo”, ma e proprio cosi noi quando siamo presi in un clima di fervore, di entusiasmo, di forte emozione siamo capaci di fare tutto, come Erode che si fece incantare dalla figlia di Erodiade e gli promise tutto, al momento della richiesta si turbò, è come può capitare durante gli esercizi spirituali, lì siamo capaci di fare tutto ma poi una volta finiti cosa succede? Gesù dice io vi ho dato l’esempio, chi vuole seguire Gesù deve essere il servo di tutti, si deve spogliare di se stesso, ecco il significato che si tolse le vesti e si cinge il grembiule, e la spogliazione di se stesso, cosi come sulla croce spogliato di tutto, e per fare questo dobbiamo passare proprio per il venerdì santo, per essere uomini nuovi risorti con Cristo a vita nuova, Francesco ci ha dato un esempio mirabile del suo rinnegare se stesso, andare incontro al lebbroso e lavargli i piedi, curare le ferite, forse non fa anche Gesù cosi con noi? Francesco con la lavanda dei piedi al lebbroso simboleggia proprio l’uomo nuovo, l’uomo che ama ogni fratello, l’uomo che oltre agli schemi del pensiero umano, è l’amore che ha scoperto amando Dio, che lo ama al di sopra di ogni altra cosa, che lo spinge ad andare incontro al fratello; invece noi siamo radicati nelle nostre passioni, nelle nostre logiche, non vogliamo staccarci da questi, invece l’uomo nuovo, la lavanda dei piedi, questo vuol significare andare verso l’altro con amore disinteressato, che non si condiziona per il suo stato e stile di vita, non è facile credetemi fare questo, Gesù che ci dice “Non c’è amore più grande di questo dare la vita per i propri amici”, è l’amore di Dio che ci nutre e ci travolge a fare queste scelte, e il risultato di una vita spesa solo ed esclusivamente per Dio, che ci fa donare con la propria vita per il fratello.
È in questo contesto che ci viene dato il comandamento nuovo, “Amatevi come io ho amato voi”, con quale amore ci ha amati Gesù? Io penso non riusciamo a pensare con quale grado di amore ci abbia potuto amare, perché il suo amore oltrepassa ogni confine, attraversa ogni logica, spalanca le porte di ogni cuore indurito, e quello che siamo chiamati a fare anche noi, andare incontro all’altro. Come possiamo concretizzare questo comandamento? Come attuarlo nella nostra povera vita? Ne saremo capaci di dare tanto amore come il Signore ha amato a noi? Non è facile, ma è possibile! Si può mettere in atto, nel difendere la vita, allontanare i propri interessi, eliminare l’odio, l’invidia, lo scandalo, come si attua nel essere costruttori di pace, ambasciatori di misericordia, donando il perdono reciproco, avere gesti caritatevoli, essere in soccorso al prossimo facendosi difensori, tutto questo e rinchiuso in questo testamento che ci ha lasciato Gesù, nella lavanda dei piedi, dandoci l’esempio e il comandamento di amarci con amore scambievole.
C’è lo conceda per intercessione della beata Maria vergine, eletta dal Padre celeste,che ci insegni Lei ad amare e a saperci donare attraverso la sua scuola di umiltà, di silenzio e di amore. Amen.
Fr. Luciano M.
giovedì 7 gennaio 2010
La Vita Spirituale
L’uomo spirituale.
Parlare di spiritualità è innanzi tutto parlare dell’uomo spirituale varrebbe a dire l’uomo nuovo, cioè l’uomo rigenerato in Cristo che vive in Cristo.
L’uomo spirituale è, dunque, un tipo di uomo che non vive secondo la carne ma secondo lo spirito. Carne non vogliamo intendere il corpo, ma vuol indicare un modo totale non solo di essere uomo ma di vivere. Quindi un modo di : ragionare, di scegliere, di decidere, di comportarsi ecc…
Dire uomo spirituale significa dire un tipo di uomo e una fenomenologia.
La spiritualità ha un collegamento all’uomo spirituale e che direttamente dice a questa figura e a questa esperienza.
Ad esempio parlare di spiritualità francescana, ispirarsi a quel tipo di uomo spirituale qual stato Francesco divenendo propria esperienza, cioè vale a dire prendere il suo modo di vivere e di agire e assimilarlo alla propria esperienza e che la vogliono condividerla.
Sarebbe sbagliato partire dai francescani come istituzione per parlare di spiritualità francescana. Bisogna partire dall’uomo spirituale che fu Francesco, per capire il valore permanete nel quale ognuno di noi può trovarsi e ripartire e reinterpretare il proprio cammino spirituale.
L’uomo spirituale è l’uomo della libertà interiore, della libertà spirituale.
L’uomo, concretamente, non è un’entità, un’essenza, ma è situato tra Antico
Invece l’uomo Nuovo
La conversione diventa un’ atteggiamento spirituale che non è mai di un momento, ma di tutta una vita,è un itinerario senza fine, un camminare continuo, che va dall’Antico
L’uomo spirituale è l’uomo che vive delle virtù teologali, fede, speranza e carità.
L’uomo spirituale è l’uomo che vive in rapporto con la verità nella volontà di dimorarvi, di sapere la verità, il bene la giustizia, , in riferimento a una oggettività che non è riconosciuta come estranea, ma come principio di libertà. Cioè tutto ciò ci fa capire che l’uomo spirituale che vive la fede è colui che crede realmente ciò che Cristo è veramente qual figlio di Dio e lo professa con tutta la sua vita.
La fede di la forza di dire : questo e illusorio, , se non è vero secondo Gesù Cristo è la da la forza, la pace, l’ubbidienza è da il coraggio di dire: prendo i lineamenti di Cristo, Via, Verità e Vita. Questa, in fondo, e l’esperienza della fede. Questa è la grazia della fede.
L’esperienza monastica,, cosi centrato sulla Lection Divina, è un esempio più chiaro di questo modo di costruire l’uomo di fede. Abitare nella parola. Vuol dire vivere il rapporto soggettivo-oggettivo. Uomo- Cristo. Identificarsi con Cristo, la sequela,, l’imitazione di Cristo che traducono in atto , con formule diverse, l’atteggiamento fondamentale e tipico dell’uomo di fede.
L’uomo
Allora l’uomo nuovo e speranza, l’uomo spirituale è speranza, esprime, vive, testimonia speranza. È già speranza, perché è un inizio che è garanzia del compimento.
L’uomo Spirituale è anche secondo carità. È colui al quale è comandato di amare come Cristo.
Non si tratta semplicemente di essere uomini per gli altri, ma di essere per gli altri come Cristo. Insomma non è possibile realizzare il Vangelo se non si e spinti ad incarnare e rassomigliare fino a interpretare la vita nella donazione di se stessi sull’esempio di Cristo che ha dato la sua vita per noi.
In principio non sta il comandamento, ma la carità che diventa la legge del cristiano. Infatti , la legge del cristiano è la carità e questo perché, prima di tutto, non c’è il comandamento, ma il dono.
Infine si può definire l’uomo spirituale, situato tra <
Non possiamo dimenticare che la croce vera del cristiano è precisamente la croce dell’essere discepolo.
L’ascesi cristiana o è dolce, cioè piena di dolcezza perché vissuta nel primato della grazia, o non è cristiana.
sabato 2 gennaio 2010
L'umiltà
In che consiste l’umiltà?
Come possiamo attingere a questa grande virtù che a volte ci sembra cosi difficile da praticare anche se vediamo nei santi che la descrivono in maniera da poterla praticarla in un atteggiamento più o meno facile, ma ardua ai nostri occhi?
Percorriamo in maniera sintetica come la descrivono alcuni santi e come si distingue la vera umiltà di cuore, e l’umiltà della vanagloria.
Partiamo dai cinque gradi di umiltà di san Francesco di Sales:
Ä Il Primo Grado Dell’umiltà è:
la conoscenza di sé: che consiste nel conoscere le nostre povertà e miserie, ma non solo conoscerle ma anche riconoscerle c’è differenza fra queste, e cosa da poca fermarsi a conoscere solamente.
Ä Secondo Grado è proprio:
il riconoscere che significa dire e manifestare pubblicamente, ma va fatto sinceramente, non solo a parole, come si usa fare, a volte si ci comporta da falsi umili mentre si e gratificati quando ci lodano.
Ä Il Terzo Grado è:
di ammettere e confessare la nostra pochezza e obbiezione quando lo scoprono gli altri: cioè che diciamo con convinzione che siamo un buon a nulla, ma se c’è lo dicono la prendiamo a male, invece, lì dobbiamo dare ragione per essere un buon grado.
Ä Il Quarto Grado è:
amare il disprezzo e rallegrarsi quando veniamo abbassati e umiliati: dobbiamo essere convinti di questo e contenti.
Ä Il Quinto Grado:
è il più perfetto, ed il più alto grado di umiltà, non soltanto amare il disprezzo, ma desiderarlo, cercarlo e compiacersi per amore di Dio, e sono beati quelli che arrivano a questo livello.
Vediamo anche come un padre del deserto DORETEO dI GAZA come distingue le varie forme che ci possono essere dell’umiltà:
Dice Doroteo: due sono i tipi di umiltà, come anche due sono quelli della superbia.
Il primo genere di superbia è:
quando uno disprezzo e rende un nulla il fratello, e si ritiene superiore ad essi. Qui c’è il pericolo che sé non vigila subito su se stesso, succede che i suoi successi li reputa a se stesso ed esclude Dio, cosi giunge al secondo genere di superbia che si insuperbisce contro Dio.
Poi c’è una superbia mondana e una monastica.
F La prima è: quando si insuperbisce contro il fratello per le sue qualità o virtù;
F La seconda quella monastica è: quella vanagloria per quei sacrifici che fa come il digiuno o le veglie.
Accade pure che ci si umili per la gloria.
Dice Doroteo che se vogliamo essere superbi siamo superbi per le cose monastiche e non mondane.
Vediamo le due specie di umiltà:
F La prima consiste: nel considerare il proprio fratello più intelligente di noi stessi;
F La seconda è: di ascrivere tutti i successi a Dio.
Questa e l’ umiltà perfetta dei santi che nasce naturalmente dal cuore nel praticare i comandamenti.
Chiaramente dopo che Doroteo che ci ha illuminati sulle varie specie di umiltà ci avviniamo a comprenderla che cos’è questa umiltà e ci serviamo di un altro grande padre del deserto Giovanni Climaco, nella sua opera intitolata “LA SCALA”, Giovanni dice che chi lo vorrebbe spiegarlo a parole sembrerebbe difficile perché l’argomento e di grande intensità, quando alcuni di loro si radunarono per parlare su cosa vorrebbe dire umiltà ogni uno disse la sua, ma Giovanni non era soddisfatto delle risposte e cosi formulo la seguente definizione:
“L’umiltà è una grazia che si riceve nell’anima e di cui nessuno conosce il nome se non coloro che ne hanno fatto esperienza”; è il nome di Dio che e un suo dono: imparate da me - dice infatti- non da un angelo né da un uomo, cioè da me dalla mia inabitazione, dalla mia illuminazione e la mia energia presenti dentro di voi, poiché sono mite e umile di cuore, di pensiero e di spirito, e troverete ristoro dalle lotte e dai pensieri, per le vostre anime.
Arriviamo alla conclusione e vediamo l’importanza dell’umiltà e ci facciamo aiutare da Kolbe, che la descrive come fondamento necessario per ogni virtù, non si stancherà mai p. Kolbe di dire che l’umiltà sta alla base del progresso spirituale, nella lettera ai confratelli del Mungenzai no Sono dice: “Solo conoscendo meglio noi stessi, il nostro niente, e le n
ostre debolezze, possiamo disprezzare realmente noi stessi e desiderare che gli altri ci trattino come meritiamo”.
Per p. Kolbe l’umiltà e la conoscenza di noi stessi, più ci rendiamo conto di quel che
siamo, non che ci dobbiamo buttare ma rivolgere lo sguardo di gratitudine a Dio per tutto ciò che operiamo, per non dire l’esempio mirabile di frate Francesco che dell’umiltà ne fa uno stile di vita, infatti quanto dice che e il più vile di tutti ed il più piccolo di tutti, non lo dice per vanagloria ma lo dice convinto che veramente si sente piccolo, Francesco dice una grande verità, “l’uomo tanto vale davanti a Dio e niente più”, ecco i santi che più ci si avvicinano a Dio più ci si sentono indegni e peccatore; l’umiltà si incarna quando abbassiamo le difese del proprio “Io” e aumentiamo l’amore di Dio, e il desiderio di non essere nessuno per far regnare Dio nella nostra volontà, e non la nostra volontà che regna in noi.
Dice san Paolo : << Io diminuire e lui crescere>>.
venerdì 1 gennaio 2010
Chi ha fame e sete della Parola di Dio vieni e seguimi!
Chi ha fame e sete della Parola di Dio vieni e seguimi!
IL COMANDAMENTO PIÙ GRANDE: AMA IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO.
Questo comandamento che ci viene proposto, perché Dio alla fine ci lascia sempre liberi di agire, non ci obbliga con forza a seguirlo, ma ci invita a seguirlo facendoci intravedere le realtà future del suo regno.
Perciò la sequela a Cristo, povero e crocifisso, si adempia nella gratuità e nell’amore reciproco, nella disponibilità generosa a distaccarci dalle vane cose del mondo.
Torniamo al nostro brano .
Gesù afferma con forza il primato dell’amore. L’amore vero, quello gratuito e senza interessi, puro e autentico, esiste solo se è libero e spontaneo, amare e l’andare incontro all’altro gratuitamente senza preconcetti. L’amore cresce e si sviluppa solo se cerca nuovi spazi: con l’ascolto, l’affetto, la meditazione, l’accoglienza, il farsi prossimo. Ecco qual è il maggior comandamento, quello prioritario.
Per sé il primato su ogni cosa dovrebbe spettare all’amore di Dio come Creatore e fonte di ogni bene, intenso come risposta a quell’amore originario e fondamentale, da cui scaturisce e in cui si placa ogni essere e ogni agire. Ma san Giovanni ci dice: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”: per lui l’amore stesso di Dio è esclusivamente mediato dall’amore del prossimo. Perciò siamo chiamati a intravedere, anche se a volte e difficile a vedere l’amore di Dio attraverso il prossimo
specialmente in quelle situazioni difficili.
Uno può amare solo se è amato. Altrimenti non sa che cos’è l’amore; ignora anche il presupposto dell’amore, che è quello di amare se stessi. Infatti ci si può amare solo se si sente oggetto di amore. Amare se stessi è la cosa più difficile: suppone di sentirsi amati incondizionatamente . perciò l’amore si misura dal proprio amarsi, come ci si ama cosi si riversa sull’altro.
Amarsi, accertarsi, donarsi, non e facile, amarsi presuppone di doversi accettarsi con i propri limiti, le proprie povertà, non nascondersi dietro a false apparenze, riconoscersi piccolo dinanzi a Dio, chiede di camminare insieme a.., ma chiede ancor più di accettare l’altro con la sua diversità, senza preconcetti, non aggredirlo, certo non e facile specialmente se ci sono state offese o rifiuti o danni gravi che portano ad allontanarli, ma bisogna amarli ugualmente, anche se non ci sono più rapporti.
Gesù inoltre ci ha mostrato in modo concreto e umano in che cosa consiste l’amor
e e come si realizza: nel servizio fedele ai fratelli fino alla morte, facendo agli altri tutto quanto vuoi che gli altri facciano a te. (cf. Mt. 7,12).
Perché l’amore e Dio. E in Dio termina anche l’amore del prossimo, che fa tornare l’uomo al suo principio, l’amore.
Lasciamoci conquistare dall’amore infinito di Dio, che ci plasma a immagine e somiglianza di lui, lasciamo tutte quelle cose che ci allontanano dal vero bene, attacchiamoci invece alla potenza della carità fraterna vincolo di santità e di giustizia, superando ogni diversità, ogni tribolazione, immergiamoci nell’oceano della miseri
cordia infinita di Dio.
Vi do un comandamento nuovo: <<>>.
Fr. Luciano